Antefatto. Artefatto. Artificiale. Artistico.

Quando nel 1827 fece la sua comparsa la fotografia, molti gridarono con sdegno alla fine della pittura, non potendo prevedere che quest’ultima si sarebbe liberata dalla necessità di ritrarre fedelmente la realtà, per spingersi oltre il piano bidimensionale della tela, indagando le pieghe dell’anima e della mente umana. Nacquero così correnti artistiche come l’espressionismo o il surrealismo e oltre, fino all’astrattismo.
A due secoli di distanza, oggi ci troviamo nelle stesse condizioni con l’avvento dell’IA, allarmati dalla possibile sua minaccia nei confronti del  lavoro e della creatività. Alla luce della storia, e di quella dell’arte in particolare, questo atteggiamento evidenzia un’implicita contraddizione: coloro che si dicono preoccupati per le sorti future delle persone dimostrano in realtà di non nutrire fiducia nella capacità delle giovani generazioni di trovare sempre un equilibrio tra la tradizione e l’innovazione, integrando quest’ultima nel quotidiano, facendone strumento di indagine produttiva ed espressione creativa.
Il lavoro e i lavori di Giacomo Urban rappresentano un tentativo di utilizzare l’innovazione per produrre immagini che superano la sfera del reale, attraversando la superficie pittorica, per offrire allo spettatore di entrare in una dimensione ulteriore che consente di scandagliare i meandri della Rete, per conoscere e capire qualcosa in più del tempo presente e di chi lo vive.
Generosamente, Giacomo Urban ci offre una grande opportunità, quella di smettere di guardare per iniziare a vedere. Dentro e oltre. Smarrendoci al punto di trovare noi stessi.